PietÃ
La stazione, subito dopo le 8 di sera, era deserta. I pendolari l’avevano svuotata. Tutti a casa. Un uomo scese dall’ultimo treno della sessione serale. Insieme a lui, poche persone. Si infilarono nel sottopassaggio a passi svelti, solo lui non aveva fretta.
All’uscita del sottopasso, lo avevano già seminato. Era rimasto solo. Lui, le scritte sulle pareti, i neon lampeggianti. Sentì una voce alle sue spalle:
“Scommetto che non la aspetta nessuno a casa.” Si voltò appena, tanto da vedere due uomini appoggiati alle estremità del tunnel. Cercò di camminare più svelto. Sentì la corsa dei due uomini. Le frequenze dei passi degli inseguitori erano veloci quanto le sue pulsazioni, Provò a voltarsi di nuovo. Erano già su di lui.
Uno, il più grosso, lo spintonò, facendolo sbattere sulle pareti del tunnel. Il passamano in ferro, all’altezza della schiena fece il resto. Restò senza fiato. Il più piccolo, tirò fuori dal giaccone di pelle un distintivo:
“Polizia ferroviaria, stronzo.” disse l’uomo.
“…Cazzo scappi?” Strattonandolo per la manica del cappotto.
“Scusate, pensavo aveste brutte intenzioni… io…” Uno schiaffo gli fece volare gli occhiali. Da miope, vide l’uomo più grande che si ricomponeva, come un golfista dopo uno swing.
Cercò a tentoni gli occhiali. Una lente rotta, ma ancora nella montatura.
“Non dica una parola, altrimenti il mio collega diventa più nervoso che mai. Venga, andiamo in ufficio. Lei ci deve delle spiegazioni. “Lo ammanettarono, e lo presero sottobraccio. Aveva la guancia arrossata e l’orecchio destro dolorante.
“Entri e si sieda.” disse il più basso.
“Ma… cosa ho fatto?” disse l’uomo.
“Niente, non si preoccupi. E’ che a noi non piace vedere gente in giro nella nostra stazione, dopo una certa ora.”
“E c’ incazziamo. Di brutto.” fece l’uomo alto.
“Ma scusat…” Altro schiaffo devastante. Occhiali in pezzi, questa volta e orecchio sinistro che inizia a sanguinare.
“Non devi parlare, cazzo, se non te lo chiediamo, pezzodimmerda.” disse il basso, dando un calcio alla sedia dove era seduto l’uomo. Una gamba della sedia si ruppe, l’uomo scivolò e si ritrovò in ginocchio davanti al più basso.
“Aah…! Lo sospettavo. Era per questo che camminavi a rilento. Cercavi qualche frocio come te, per finire la serata. Cosa vuoi fare? Succhiarmelo? Che cesso d’uomo!”
L’uomo alzò lo sguardo, stupito. Stava aprendo bocca per parlare, quando gli arrivò una ginocchiata sotto il mento che quasi lo alzò da terra. Sentì incrinarsi qualcosa. Ossa. Denti.
“Ti voglio aiutare, guarda. Ti faccio spaccare tutti i denti dal mio collega, così sarai molto ricercato. Un succhia-succhia perfetto.”
L’uomo era seduto sul bordo della scrivania e cercava di tamponarsi il sangue che gli usciva dalla bocca, sfregando il viso sul bavero del cappotto. Era ancora cosciente. Aveva il volto deformato dalla ginocchiata e dalla paura.
“Dai, dai. Non voglio mica passare tutta la serata con questa checca. Tra poco arrivano le puttane. Dai.”
L’uomo alto non si fece pregare. Prese lo sfollagente, appeso alla cintura e assestò un colpo al ventre dell’uomo. Sputò sangue in terra e sui suoi stivali: ” Questo non dovevi farlo”, disse. Gli tirò due colpi tremendi: uno nella schiena, in basso dove era già dolorante per il passamano del sottopassaggio, e uno in testa, dietro, dicendo: “ti faccio diventare un ritardato, dalle botte. Chi lo vorrà più un mentecatto? pure frocio… poi!”
L’uomo era crollato. A faccia in giù. Aveva degli spasmi. Contorceva i piedi. Quello alto lo girò. L’uomo più basso, guardava, fumando una sigaretta.
Il piu alto, sogghignando disse: “finisco il lavoro, capo? Il basso fece un cenno con la testa. Annuì.
Quello alto, prese per i capelli l’uomo. Gli tiro sù la testa. Tenendolo, gli sparò tre randellate con lo sfollagente in piena faccia, sugli occhi, sulla bocca. Ghignava, come se provasse un qualcosa di erotico. La faccia dell’uomo esplose. I denti davanti saltarono come gusci di noce. Il naso rientrò in dentro, piegandosi su di un lato.
Quello alto, stava per menare un altro fendente, quando il piccolo disse: “Basta così dai, buono, ora.”
Ripose il manganello, pulendolo prima sul cappotto dell’uomo e, così, come si getta una carta, mollò la presa dai capelli dell’uomo. Che scivolò a terra, senza emettere un gemito.
“Mano pesante, stasera eh?” disse il più basso.
“Mi girano…, stasera…” rispose il più alto.
“Vediamo come si chiama lo stronzo. Vediamo se è lui.” Prese il portafoglio e guardo i documenti.
“CAAAZZZOOO!” Chi cazzo è questo? Carlo Rossi? Merda! Guarda. E’ una specie di poliziotto!
Il basso prese i documenti, li guardò: ” Che cazzo dici, non sai leggere? E’ un’ ufficiale giudiziario, ma non è lui. Quel coglione di marocchino aveva detto che si chiamava Renato Preziosi e faceva il rappresentante. Quel finocchio…
“Un ufficiale giudiziario? Che cazzo vuol dire?” urlò quello alto.
“E uno di quelli che fanno gli sfratti, che pignorano i mobili a chi non paga.” Disse il basso
“Allora è una merda anche questo. Ma che cazzo facciamo? Respira ancora, se si riprende e ci denuncia…ci ha visto in faccia!”
“Una volta tanto hai ragione. Che ore sono?
“Nove e trenta.”
“Dai mettitelo sulle spalle, ti aiuto.”
” Che vuoi fare?”
“Ora vedrai. Portiamolo sul quarto binario.”
Si avviarono, sotto le luci fioche della stazione, verso il quarto binario, quello degli intercity. Lo depositarono sui binari, al buio, trecento metri prima della stazione, prima degli scambi. L’uomo respirava a fatica, semi svenuto.
“Dai, piazzalo lì, questo stronzo. Alle dieci meno un quarto passa il treno per Milano. Non rallenta mai.”
“Grande, capo! Sembrerà un incidente, un suicidio del cazzo!” disse quello alto.
“Si, mi vedo già i titoli dei giornali di domani: trovati i resti del suicida. Mistero sui motivi!”
“Mistero?” disse il basso quasi sorridente: “Mistero un cazzo. Faceva l’ufficiale giudiziario, chi può desiderare di vivere facendo un lavoro così? Ahahah!”
“Lasciamolo qua. Andiamo, tra poco arriva il treno e alle dieci le puttane. L’hai talmente conciato male che gli facciamo un favore, allo stronzo. Non siamo mica assassini noi. Noi abbiamo pietà “. Disse il basso, andandosene.
“Hai ragione, capo, come sempre, pietà … noi…” disse quello alto.
Super pulp
wow
g.
Ma grazieee!!!
And
l’ho letto tutto d’un fiato… ti spiace se adesso respiro un po’?
antonio
Peso And!!!!
Ha detto bene g.: SUPER PULP!
Saranno i pranzi all’Economymac; queste nuove pastiglie rimangono un pò sullo stomaco… eppure tu stai anche prendendo il menù light!?!
Aria nei polmoni, Andipro!!!
Swena, il menù non c’entra credo.
quello basso e quello alto… torneranno.
and
……………così lontani dalla via di mezzo!