Il segno

L’antico segno della croce porta Nole Djokovic alla conquista del suo quinto titolo dello slam. Solo se si è dotati di una profonda fede si possono vincere due partite come la semifinale con Murray e la finale infinita contro un Nadal ritrovato nel fisico ma non nel tennis. Quasi dodici ore di tennis poco creativo ma incredibilmente efficace, consegnano Nole agli annali del tennis e fanno capire a Rafa cosa si prova a incontrare la propria nemesi.

Sudditanze

Ultimi atti all’Australian open: Nella prima semifinale è andato in scena un classico che oramai ha stancato. Federer contro Nadal. Parlo di noia perchè le partite che contano tra questi due campioni terminano sempre nello stesso modo: vince lo spagnolo. Il copione raramente cambia, un set vinto almeno tre volte, occasioni sprecate da parte dello svizzero, gambe spagnole degne della Vuelta e rotazioni. Tante rotazioni. Quattro set e a casa. Tutti a ricordarsi la vittoria del Master, facile facile in due set. Indoor, distanza breve e Nadal sgonfio. Solo marketing, il master non conta più niente da quando non si gioca a New York. In certi momenti Federer sorvola il campo come certi grandi del passato e ne ricorda i colpi antichi ma oggi il tennis è wrestling e credo non ci sia più spazio per lui nei majors. La seconda semifinale si sta giocando mentre scrivo: Murray e Nole sono al quinto e si stanno massacrando. Rafa in poltrona si gode lo spettacolo e si riposa. Solo il serbo al meglio potrebbe fermarlo, salvo che il vecchio Ivan Lendl insegni a Murray a vincere. Sarebbe una bella storia.